DAL MITO ORIGINARIO ALLA CONOSCENZA UNIFICATA

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Amadeo Bordiga . 1960
arteideologia raccolta supplementi
made n.12 agosto 2016
LA RIPRESA DELLE OSTILITA'
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Nell'ultima riunione [1] mi sono riportato a quello che fu detto e riferito molto ampiamente, anche per iscritto, a proposito della riunione precedente tenuta a La Spezia [2], circa le tesi importantissime contenute nei Manoscritti economici filosofici di Marx, e circa la ricerca e il confronto sui testi che in quel documento sono particolarmente difficili da tradurre nelle varie lingue. Ho poi risposto all'ultima parte in modo forse più esauriente che non a Milano,[3] mentre non ho completato del tutto quello che mi ero prefisso di fare, cioè di riportare la parte finale dello studio di Marx che contiene la critica della dialettica filosofica di Hegel. L'ho fatto per larghe parti ma non sistematicamente. Ho però svolto a fondo la parte che, per intenderci, provvisoriamente, praticamente, si ritiene indicare come "filosofica", credo cioè di averla svolta un poco meglio. Siccome adesso vorrei sviluppare alcuni concetti che sono continuazione di quelli, debbo supporre che voialtri abbiate quasi tutti quanti letto, non dico studiato, questa ultima puntata.[4]
Abbiamo citato certi passi fondamentali, di cui quello famosissimo che riportiamo per la seconda volta dopo averlo tradotto e ritradotto tra le varie lingue:
"Il comunismo, positiva abolizione di quella estraneazione dell'uomo da sé stesso che è la proprietà privata, quindi effettiva conquista dell'essenza umana da parte dell'uomo e per l'uomo, quindi ritorno completo, cosciente, raggiunto attraverso la intera ricchezza dello sviluppo passato dell'uomo per sé quale uomo sociale ossia quale uomo umano".[5]
Come sapete, in tutto questo movimento [la struttura teorica è di Marx], la sola forma letteraria è presa da Hegel, perché riusciva particolarmente comoda e anche, se vogliamo, brillante e successiva, trattandosi di un momento doppio, [sia di ricerca che di affermazione]. Quindi il comunismo è abolizione di quella estraneazione dell'uomo che è la proprietà privata. La proprietà privata e il capitalismo sono l'estraneazione: l'uomo va fuori di sé stesso, poi vi ritorna e il ritorno è finalmente descritto nei [caratteri dello] sviluppo passato. Quindi vedete che ci riattacchiamo sempre al lavoro da noi eseguito, anche se in questa riunione, apparentemente, tale lavoro sarà affatto disordinato, bisognerà riconoscere che i vari settori trattati sono in relazione strettissima fra di essi e sono veramente importanti, al nostro fine materiale notevolissimi.
Trattando quest'ultimo tema ci riattacchiamo ogni tanto a quello economico di questa mattina e a quello di ieri [6] perché questo ritorno si basa sull'intiera ricchezza dello sviluppo passato. Nella cronaca delle forme precapitalistiche, quella che è stata svolta ieri dai compagni francesi e milanesi, si tratta appunto di mettere in evidenza in che senso questa realizzazione futura, per cui noi combattiamo, utilizza una quantità di elementi che sono pervenuti dalle profondità della storia e dalla successione delle varie forme capitalistiche. Il passo dei Manoscritti è stato leggermente stravisato [dai traduttori], come diciamo dialettalmente a Napoli. Letto correttamente suona così:
"Questo comunismo è, come completo naturalismo, umanismo e, come completo umanismo, naturalismo. Esso è il vero scioglimento del contrasto tra la natura e l'uomo e tra uomini ed uomini. È la vera soluzione del contrasto tra esistenza ed essenza, tra realtà oggettiva e coscienza soggettiva, tra libertà e necessità, tra individuo e specie. Il comunismo è il risolto enigma della storia e si considera come tale soluzione".[7]
La filosofia non ha fatto altro che trasmettere da una scuola all'altra e da un autore all'altro certi enigmi tradizionali, certi problemi tradizionali.  Cercando di risolverli non ha fatto altro che palleggiarsi tra un estremo e l'altro della soluzione; e questo eterno enigma – se buttarsi di qua o di là tra le solite antitesi – non è stato mai risolto. Il comunismo lo risolve spostando completamente il compito della filosofia. Come abbiamo detto, ogni trovata di [filosofo non è che l'opinione su di un enigma, non la sua soluzione].
Credo che voi abbiate chiaramente presente la precedente puntata di Programma comunista, quella nella quale riassunsi l'esposizione sulle quistioni spaziali, nella quale cercai di dimostrare come avviene la comparsa delle verità rivoluzionarie. Avviene sempre attraverso la risoluzione di un enigma. Ma la risoluzione dell'enigma non consiste nel decidere se è bianco o se è nero rispondendo "bianco" o "nero", è un'altra cosa. Che significa: non è né bianco né nero ma è una terza cosa, e questa è tale che la vecchia distinzione tra bianco e nero diventa una completa fesseria. Quindi collegare i veri risultati rivoluzionari dell'uomo nella sua storia – della sua conoscenza e della sua teoria – è un procedimento inaccessibile alla filosofia, la quale ha sempre cercato una delle due risposte.
Il nostro è un risultato che non trova una risposta alla domanda ma la distrugge,[8] come ho dimostrato con l'esempio di Galileo, con l'esempio di Newton, con esempi più concreti e inerenti alla natura fisica, quindi più comprensibili. Come quando sorge il famoso dubbio che non sia il Sole a girare attorno alla Terra, cosa che non veniva contraddetta neanche dai fautori dell'antico sistema geocentrico.[9] [Più propriamente] si tratta di spiegare perché la Terra non cade sul Sole e perché la Luna non cade sulla Terra.
Questa antica domanda cerca una risposta. Newton non è colui che ha scoperto la risposta, è colui che ha scoperto che questa domanda era una fesseria perché la Luna effettivamente cade sulla Terra ma è il suo modo di cadere che la mantiene sempre alla stessa distanza. Questo sembra un paradosso.
Tutte le nuove verità quando compaiono sembrano paradossi. Tutti gli scopritori delle nuove verità sono in realtà dei rivoluzionari che vanno contro le idee correnti del tempo. Molte volte scoprono proprio per il gusto di negare, la elaborazione viene dopo.
Quando si è spiegato bene il concetto del movimento rettilineo del corpo che avanza con la sua velocità uniforme, [in combinazione con] il movimento che questo percorrerebbe se cadesse veramente sulla Terra andando - pac! - a sbatterci sopra secondo una verticale, e si fa la composizione di questi movimenti secondo l'idea espressa per la prima volta da Galileo, si trova che la Luna percorre un'orbita costante e non cadrà mai sulla Terra.[10]

INADEGUATE SCELTE DI CAMPO

Tutte le scoperte dell'uomo nel corso della sua storia, quando sono veramente utili, veramente rivoluzionarie, cioè in quegli svolti favorevoli in cui esse sono possibili, consistono nello sciogliere vecchi enigmi.
Scioglierli non significa dare la vittoria all'uno o all'altro. Ed ecco perché: [non possiamo schierarci con frazioni che siano espressione delle società di classe susseguitesi nella storia]. Siamo spiritualisti o materialisti? Siamo quelli che finalmente hanno dato la vittoria alla materia sullo spirito? Dire: "siamo materialisti" e non aggiungere altro, cioè dire che ci siamo schierati, siamo diventati una sottospecie di questa vecchia schiera dei materialisti contro quella degli spiritualisti, sarebbe una risposta inadeguata. Abbiamo invece col nostro sistema, per via non filosofica, cioè per via rivoluzionaria, attraverso l'azione, la lotta degli uomini, tra uomini e uomini, tra uomo e natura, abbiamo dato a questo enigma un'altra impostazione per cui la differenza tra materia e spirito non c'interessa più. Ecco in quale senso si può dire che il marxismo è una filosofia della prassi e della pratica. ["Meglio comunque sarebbe dire che il marxismo è una dottrina o scienza delle cause e delle leggi della prassi, che non tratta della prassi del singolo individuo ma del comportamento medio sociale, e che la sua spiegazione dei fatti non consiste nel porre tale comportamento alla base, ma alla sommità della ricerca. Ciò non vuol dire che questo effetto di cause ambienti, materiali e relative alla materiale vita della specie, non si riverberi in cause del procedere storico: lo fa, ed è tutto qui il misterioso “capovolgersi” della prassi, quando lo si scopre non nel pensiero e nella volontà del singolo uomo, anche di eccezione, ma nell'intervento in tempo maturo delle classi sociali in senso largo e del partito di classe in senso più stretto"].[11]
La differenza tra lo spiritualismo e il materialismo non ci obbliga a optare per l'uno o per l'altro convenzionalmente classificandoci in una schiera, come se prendessimo una storia della filosofia e classificassimo i nomi di tutte le filosofie e le dividessimo in due partiti, uno è stato per lo spirito, l'altro per la materia, andando ad ingrossare una di queste schiere. [Per poi scoprire che] ce ne sono stati altri, i quali sono stati per tutte e due perché alcuni sono monisti e altri dualisti. No! Noi andiamo oltre l'una e l'altra schiera; noi utilizziamo l'una e l'altra schiera; rispettiamo l'una e l'altra schiera; contendiamo con interesse immenso l'una e l'altra; facciamo contribuire l'una e l'altra, e la nostra risposta non è né di "destra" né di "sinistra", non è quella dell'eterno contrasto, è una terza e una nuova risposta resa possibile solamente perché l'azione umana nei rapporti tra uomini e uomini e nei rapporti tra uomini e natura ha raggiunto uno stadio e un corso nuovo, che solamente a questo livello dell'evoluzione potevano essere dati. Non perché il pensiero e lo spirito umani si sono sviluppati.
Marx ritorna sulla dimostrazione che questi enigmi sono risolti [nel comunismo].
È inutile che noi vi indugiamo, ché la cosa diventerebbe molto lunga e pesante. Forse potrebbe essere anche istruttiva ma pigliamo la via troppo lunga, con intenzioni troppo grandiose. Ritorniamo [invece] al nostro semilavorato. Ripeto, questo studio non è fatto inutilmente perché tutte le nostre ricerche, le nostre esposizioni sono da inquadrarsi l'una con l'altra. La discussione sulla Russia si è venuta a inquadrare con quella sull'economia, quella sull'economia con quella sulla filosofia e d'ora innanzi diremo: è meglio chiamare questa parte del nostro lavoro non "filosofia" né "critica filosofica" ma "critica alla filosofia", così come Marx non ha chiamato il suo lavoro col nome di una delle tante scuole dell'economia politica ma l'ha chiamato "critica all'economia politica". E critica è da intendersi in senso rivoluzionario, in senso restrittivo.
E veniamo alla vecchia antitesi che Marx deride, sulla quale [si fonda] il contrasto tra esistenza ed essenza.
Qual é il contrasto tra esistenza ed essenza?
Non mi voglio mettere a fare un corso di filosofia spicciola da manuale della biblioteca del popolo, ma la cosa è diventata di attualità. Adesso ci sono gli esistenzialisti, i quali hanno rinunciato a spiegare l'essenza: "Non mi importa di scendere nel fondo dell'essenza della natura, di definire che cos'è lo spirito, che cos'è la materia, che cos'è l'idea, che cos'è la realtà, che cos'è il fatto; a me importa un solo teorema: io esisto e voglio esistere nel modo più soddisfacente possibile". Traggono poi da ciò conseguenze edonistiche, cadono in soluzioni completamente volgari... Manca l'elemento, la certezza che la conoscenza umana possa giungere [al livello di specie; per essi il problema] è solo quella di esistere.[12]
[I filosofi in generale e gli esistenzialisti in particolare] ritornano a un vecchio problema, quello teologico, che fu posto a proposito dell'esistenza di Dio. La scienza è stata un tempo scienza della divinità perché non potendo essere – non riuscendo ancora a essere – scienza dell'uomo e della natura, e non sapendo uscire dall'antitesi del contrasto tra scienza dell'uomo e scienza della natura, l'antico pensiero aveva risolto questo problema facendo diventare tutto filosofia e teologia. Perché l'uomo non si rendeva conto che sono la stessa cosa [e ancora insiste nell'equivoco]. Perché una delle tante contrapposizioni da abolire è quella fra uomo e natura. La si abolisce facilmente quando, pensando all'uomo, non pensiamo ad esso come all'individuo singolo, ma come alla specie. L'uomo, come abbiamo visto nelle altri parti, non è che un settore, una parte della natura, e il problema [della contrapposizione] non ci interessa più. [Invece un tempo] era importante discutere solo sulla natura di Dio perché Dio spiegava tutto; perché avendo egli provocato, tratto da sé, creato la natura e l'uomo, spiegato Dio tutto era spiegato.
Ammesso il teorema dell'onnipotenza e della volontà di Dio [tutto il resto veniva di conseguenza]. Allora si discuteva: che cosa importa, l'essenza o l'esistenza di Dio? Sono due problemi diversi. Quello dell'esistenza sorge quando io credente, io teologo, mi trovo dinnanzi all'ateo che dice: "Dio non esiste". E gli porto argomenti per dimostrare che invece esiste. Dimostro che Dio è – quod est, cioè che egli esiste – e quindi formulo una prova della tesi dell'esistenza di Dio. Quello mi risponde con la prova della non esistenza.
È nel suo diritto. Dice: "Io non ci credo", è un ateo e va bene. La discussione sull'essenza è un'altra. L'essenza di Dio è l'insieme delle qualità e delle caratteristiche di Dio, di questa entità, della sua natura. Si tratta di determinare non più quod est, che in latino significa di stabilire che egli è, interpretando il "che" come congiunzione, ma quid est, cioè che cosa è Dio, di che cosa è fatto. Facciamogli cioè l'anatomia, vediamo che cosa tiene dentro questa speciale macchinetta alimentata da candele, da incensi, da oboli e preghiere, vediamo come funziona, quali sono i suoi ingranaggi, andiamoci a fondo.
Gli antichi filosofi avevano trovato una soluzione abbastanza brillante: la esistenza di Dio è dimostrata dalla teoria della sua essenza: dal momento che Dio è quel soggetto, quell'ente che ha per sue qualità tutte le qualità, è onnipotente, ha tutti i valori, ha tutte le suscettibilità, nulla gli è limitato, può tutto, contiene tutto, ha quindi anche la qualità di esistere.
Un'essenza così completa deve per forza comprendere l'esistenza; è la famosa prova ontologica dell'esistenza di Dio: se Egli non esistesse non potrebbe essere né infinito, né onnipotente, né perfetto né altro, quindi esiste. Quindi l'essenza dimostra l'esistenza. L'ente crea l'esistenza, hanno detto gli antichi filosofi.[13]
Questo vecchio enigma, per il quale si potrebbe discutere per altri millenni, non serve più, non importa più. Non ce ne importa niente se Dio c'è e che cosa esso sia. Però ci interessa moltissimo tutta la discussione che si è fatta su ciò che Dio è o non è. Non siamo diventati improvvisamente atei, non siamo passati nel rango di quella schiera che dice: "Dio non c'è e quindi tutti i trattati di teologia noi li distruggiamo". No! Essi sono un prodotto dell'uomo. Ad un certo stadio sono stati un prodotto utile, positivo, sono un'arcata del ponte delle rivoluzioni. E cercheremo di darne un'idea, se le forze ce lo consentiranno, nel corso di questa riunione. Quindi studieremo la teologia e studieremo i miti religiosi senza preoccuparci affatto, senza ragionare come il borghese: "Brucio tutti i libri di chiesa ecc." (salvo poi farne ristampare una copia e genuflettervisi di nuovo). Insomma, lui dice: "Li distruggo tutti perché ormai mi interessano solo i trattati scientifici, ecc." Su questo argomento ritorneremo fra poco.

SUPERAMENTO DEI DUALISMI: OGGETTO E SOGGETTO

Un altro argomento [è il contrasto] fra realtà oggettiva e coscienza soggettiva.
Si è creata questa antitesi tra realtà e coscienza: tra il cosmo, la materia, i fenomeni che sono dinanzi a noi e noi che li osserviamo, in certo modo li registriamo, li fotografiamo nel nostro cervello e gli diamo una forma di chiacchiera o di carta scritta o di formula matematica, ecc. Ora, vi sarebbe un contrasto tra questi due mondi. Gli antichi grandi enigmi vengono ridotti, scusate, a quello dell'uovo e della gallina: se mi dite che è nato prima l'uovo, dov'era la gallina che l'ha fatto? Se mo' dite che è nata prima la gallina, dov'era l'uovo da cui si è sviluppata? Allora la quistione se debba avere la preminenza, la coscienza soggettiva o la realtà oggettiva è uno di quei contrasti stupidi [che fanno parte della conoscenza classista]. Noi non ci schieriamo tra gli oggettivisti o i soggettivisti dicendo: "Rinforziamo la schiera degli oggettivisti e stracciamo tutti i libri dei soggettivisti" o viceversa.
Da materialisti dialettici troveremo probabilmente un appoggio per la nostra lotta e per la nostra battaglia – che non è tanto una battaglia di pensieri contro pensieri ma di uomini contro uomini nel senso concreto – magari proprio in quelli che erano i fautori della coscienza soggettiva e negavano la validità della realtà oggettiva. Non ci affidiamo alle vecchie classificazioni delle chiese filosofiche. Noi, più che abolire la religione, vogliamo abolire tutte le chiese. La Chiesa oggi è un'organizzazione che ha determinati scopi di conservazione. Noi sappiamo con certezza che la società comunista non avrà chiese, e questo rispondiamo al problema della religione.
Non ci importa di rispondere [al quesito sulla religione] nel senso che vogliamo sopprimere il Padreterno, la Madonna, San Giuseppe, Buddha o Visnù. A noi non interessa niente sopprimere divinità. A noi basta aver prospettato un iter della società secondo il quale, ad un certo momento, vediamo che essa funziona benissimo senza chiese; senza bisogno di distribuire un verbo rivelato, un vangelo divino. Noi usciamo completamente [da questo problema di altre società].
Altro argomento è la contraddizione tra individuo e specie. Rinuncio ad illustrarla perché mi pare evidente che [con il lavoro di partito] ne siamo già usciti. Tutto ciò che stiamo dicendo e agitando serve a dimostrare che si tratta di è una contraddizione insana. Noi non salveremo mai l'individuo, non giungeremo mai ad una elaborazione, ad una conoscenza complessiva, se non converremo che solo attraverso la specie possiamo risolvere il problema.
L'individuo in un certo senso non esiste. L'individuo non esiste senza la specie.[14] Di conseguenza è necessario studiare la dinamica della specie e non quella dell'individuo.
Ritorniamo quindi al punto: il comunismo è il risolto enigma della storia e si considera come tale soluzione. Ciò è estremamente importante. Perché, se il comunismo è il risolto enigma della storia, l'umanità, per avere dinanzi ai suoi occhi questi enigmi già risolti, dovrebbe aspettare di essere nel comunismo, nella società comunista. Ma la società comunista per noi esiste fin da ora, essa è anticipata nel partito storico che ne possiede la dottrina.
Non la possiede in quel modo completo, in quel modo elaborato [che sarà caratteristico della società futura], la possiede in modo approssimato. Il partito comunista è il solo ente che può possederla e il solo che può definirsi soggetto della rivoluzione.[15]
Non può essere che la possieda la classe e tantomeno il sindacato. Non resta che il partito, quindi, [a rappresentare il cammino cosciente della specie].
La scuola della preminenza dello spirito, della coscienza soggettiva, dell'interpretazione teologica del cammino umano, ha elaborato concezioni che si sono poi stratificate nella storia, hanno costituito gli strati di quella tale geologia della conoscenza che riteniamo corrispondente alla geologia della materia fisica sulla quale appoggia tutto il mondo d'oggi. Rappresenta una delle tante arcate del ponte [che unisce l'umanità primitiva a quella sviluppata e libera dal bisogno]. Da questo ponte già iniziato noi prendiamo il via. Non ci possiamo ancora camminare prima di aver lanciato l'ultima arcata - perché tutti noi siamo in fondo i lanciatori di quest'ultima arcata – ma sappiamo che lo potremo fare, sappiamo che essa chiuderà gli enigmi delle società precedenti. La nostra cognizione del mondo non può dunque avere un valore di opera perfetta e conclusa, come nelle pretese di carattere scolastico, accademico, scientifico, pretese che sono sempre state caratteristiche delle ideologie conservatrici e controrivoluzionarie. Essa ha carattere essenzialmente aperto, dinamico; e soggetto di questa posizione che liquida le antiche contese ideologiche è il partito. È il partito che sovrappone ad esse una nuova teoria, una pre-coscienza della società futura; che rappresenta la coscienza soggettiva; che fa del "nostro" soggetto un'essenza non più individuale.
Non abbiamo completamente abolito il soggetto riportando tutto a oggetto, abbiamo insomma ancora bisogno di un soggetto. Ma esso non è più una persona, un individuo: è un ente, il partito, il quale serve da ponte di trapasso. O meglio: serve da possente lanciatore del ponte di trapasso alla società futura.

POTENZA DIALETTICA DEL LOGOS
(ma bisogna saperla maneggiare)

Nella fine di questa parte (che mi guarderò bene dal rileggervi perché lo potete benissimo fare da voi) vi è un accenno ad alcuni degli antichi enigmi della filosofia che erano stati sciolti nelle fasi rivoluzionarie della storia.
Quando alludo a Galileo, a Newton, ecc., è per considerarli come anticipatori della rivoluzione borghese. Sono in certo modo una sezione del partito rivoluzionario che doveva abbattere l'antica società teologica e feudale. Ne ho citato alcuni esempi, là dove essi sfondano un qualche antico enigma, un'antica antitesi, un antico problema della filosofia. E ho citato l'esempio di Galileo, che vi siete già letto nell'altro numero del giornale e vi rileggerete qui [nel suo Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo].
Nella sua discussione col peripatetico Simplicio, v'è l'antica contesa: noi da chi ci dobbiamo far guidare, a chi dobbiamo credere, da cosa dobbiamo lasciarci pilotare: dal senso materiale, dalle denunzie che ci fanno i nostri sensi del mondo esterno, o dalla ricostruzione che ne fa il nostro pensiero? Ha ragione il discorso o ha ragione il senso?
Da questo equivoco contrapporsi delle categorie è già uscito il primo salto rivoluzionario, ecco perché è utilissimo considerarlo. Come viene applicato adesso da accademici fanfaroni è cosa distruttiva, controproducente e ridicola. Essi ritengono di valere molto di più di Galileo e Newton solo perché vivono tre secoli dopo di loro.
Noi diciamo invece che valevano molto di più quelli. Noi prendiamo i loro risultati come vere conquiste del grande corso umano, in grado di liquidare definitivamente le contraddizioni della precedente conoscenza.
Ho fatto un paragone che credo interessante – scusate l'immodestia – tra la posizione di Galileo contro Simplicio che maneggia malamente Aristotele e quella di Marx contro i suoi contraddittori che maneggiano malamente Hegel. >

Galileo dice al peripatetico: "Tu non vuoi credere a quello che io ti dico: che ho fatto l'esperimento e che il corpo leggero e il corpo pesante cadono nello stesso tempo. Perché il logos ti avverte che deve essere falso, che deve arrivare prima quello più pesante.
Ma adesso io lascio il mio laboratorio sperimentale, smetto di insegnarti il nuovo metodo del saggiatore che non è fatto per la tua testa, e vengo sul tuo terreno; adopero il logos di Aristotele, la logica, il ragionamento, e ragionando ti dimostro che tu dici una sciocchezza.
[Prendo una caramella, che cade con una certa velocità; poi le tolgo la carta e ti mostro che quest'ultima cade lentamente, mentre la caramella cade più o meno veloce come prima. La teoria aristotelica ti dice che il pesante e il leggero cadono differentemente e i sensi confermano, ma gli stessi sensi ti dicono che quando la carta era intorno alla caramella tutto cadeva alla stessa velocità del più pesante. Nasce una contraddizione: la caramella con la carta dovrebbe cadere più velocemente, perché è più pesante; ma nello stesso tempo dovrebbe cadere più lentamente perché la "natura leggera" della carta dovrebbe trattenere la caramella. I sensi t'ingannano e il logos anche, se li utilizzi male. Aristotele sbagliava perché credeva che l'aria aiutasse il moto, invece lo frena: gli allievi di Galileo dimostreranno che nel vuoto carta e caramella cadono alla stessa velocità].[16]
Quindi il tempo di caduta è lo stesso per il pesante e per il leggero.
Quindi la tua tesi, la tesi aristotelica, è una fesseria anche secondo i canoni di Aristotele e se fosse qui a discutere con noi, modificherebbe la sua teoria. Lo stesso risponde Marx a tutti quelli della sinistra hegeliana tedesca: "Voi dite un mondo di sciocchezze nei vostri articoli credendo di aver superato Hegel e di essere andati avanti verso la verità assoluta più di lui ecc. ecc., perché in realtà voi, come Simplicio, non sapete maneggiare neanche il meccanismo del logos di Aristotele; non avete capito il logos dell'Enciclopedia di Hegel. Da parte mia, però, anche se adopero la logica di Hegel, non vi faccio adesione, così come Galileo non faceva adesione alla logica di Aristotele. Me ne frego di tutte le logiche, da Aristotele a Hegel, perché le adopero in modo non filosofico, mi affido all'esperienza, alla sua interpretazione teoretica e al ritorno all'esperienza stessa [per modificarla secondo teoria]".
In quegli svolti storici si era al momento in cui l'arcata del ponte incomincia a salire, non al momento in cui ridiscende, e lo stesso dobbiamo fare noi, [prendere] una posizione analoga nel nostro studio, accenno, abbozzo su questo difficile problema della conoscenza umana.
Metterci nella posizione storica in cui si trovava Galileo nel '600 e in cui si trova Marx nell'800 [non significa quindi bruciare i libri e neppure adoperarli senza criterio, ma imparare il metodo per adoperarli]. In fondo è lo stesso problema dell'intero sviluppo dell'umanità, della sua azione, dei suoi rapporti col mondo o meglio, del rapporto del mondo con sé stesso.

SUPERAMENTO DEI DUALISMI: GIOIA E SOFFERENZA

Abbiamo dunque accennato ad alcuni scioglimenti di enigmi. Naturalmente bisogna alleggerire la trattazione, tanto per adeguarci alla nostra pochezza di individui, ché non abbiamo pretese di avere teste imbottite di coltura come biblioteche. Qui ce ne andiamo per cose semplici.
Torniamo al contrasto tra natura e soggetto, alla nozione dell'impronta che [il soggetto lascerebbe sulla natura]. E torniamo al concetto che [è la natura a dare l'impronta a sé stessa]. Ecco sciolta una millenaria contraddizione: si deve ipotizzare prima la realtà, l'essere, o prima il pensiero? La formula di Marx, nella sua discussione su Hegel, è che pensiero ed essere sono distinti ma nello stesso tempo in unità tra loro. Il vecchio contrasto di pensiero ed essere si riduceva a questo: è esistito un momento in cui il pensiero esisteva prima dell'essere, della sostanza materiale, e poi è nata la realtà, o è esistita la realtà e dopo è nato il pensiero? La risposta di Marx, che dovremo elucidare in quello che andremo a dire adesso, è che ad un certo momento la loro relazione reciproca è talmente stretta che essi sono in unità fra di loro e quindi sono nati contemporaneamente: l'uno è nato perché c'è l'altro, l'altro perché c'è l'uno.
E qui però è il dubbio che dobbiamo esaminare nel nostro ulteriore sviluppo. Tutti i tradizionali pensatori dicono: quando stabiliremo questa priorità, questa precedenza [avremo raggiunto la verità]. Essi ragionano sempre secondo gerarchie perché nascono da società gerarchizzate. Non sanno vedere altro che il padrone e il servo; il capo, quello che ha il grado superiore, e quello che ubbidisce; quindi anche nelle categorie della filosofia cercano sempre una priorità, una preminenza, una presupposizione, devono per forza presupporre una cosa per salire sull'altra. O devono presupporre la realtà per salire sul pensiero o presupporre il pensiero per salire sulla realtà. Cosa assurda perché s'è mai visto pensare senza che la realtà ci fosse e non s'è mai visto una realtà che non presupponesse "pensiero".[17]
Comunque così ragionano. La nostra risposta esce dall'eterno enigma.
La quistione dell'individuo e della specie è sviluppata da Marx fino al punto che egli sostituisce addirittura al senso soggettivo un senso collettivo: non c'è l'occhio o l'orecchio dell'individuo, c'è l'occhio o l'orecchio della specie, e svolge questo concetto. Poi affronta un'altra tesi veramente interessantissima e rivoluzionaria nel senso più esteso della parola:
"L'uomo si appropria del suo essere onnilaterale in maniera onnilaterale e quindi come uomo totale. Tutti i rapporti umani che l'uomo ha col mondo, e quindi vedere, udire, odorare, gustare, toccare, pensare, intuire, sentire, volere, agire, amare, in breve tutti gli organi che costituiscono la sua individualità come gli organi che sono nella loro forma immediatamente organi comuni, sono nel loro oggettivo comportarsi, ovvero nel loro comportarsi verso l'oggetto, l'appropriazione di questo per l'effettualità umana. Il loro rapporto con l'oggetto è la constatazione della effettualità umana. Questa manifestazione è tanto multipla quanto le determinazioni delle attività umane, l'agire ed il patire dell'uomo, perché le sofferenze prese nel senso umano sono un godimento proprio dell'uomo".[18]
È una vecchia quistione quella dell'agire e del patire.
L'uomo agisce sul mondo esterno, lo plasma a sua volontà? Sono io che deformo completamente con la mia forza la natura attorno a me e la assoggetto al mio volere?
Le filosofie pragmatistiche danno particolare rilievo a questo fatto. Oppure è la natura che mi tiene in una strettoia, mi soffoca, mi aggredisce, e quindi mi fa soffrire? Fa sì che ogni mio tentativo per liberarmi o per andare in una certa direzione si trasformi in una sofferenza, quindi il vivere [non sarebbe altro che un continuo tentativo di liberazione dalla sofferenza?]. Sarebbe l'invidia generalizzata, tutto lo spirito rivoluzionario si ridurrebbe al motto: "Noi soffritori vogliamo passare nella categoria dei goditori".
Invece, questa differenza tra l'agire e il patire nella nostra concezione è superata completamente: l'uomo gode perché soffre; soffrire e godere è la stessa cosa; non godrebbe se non soffrisse, e questo lo si potrebbe dimostrare anche per molti rapporti di natura, per lo stesso rapporto fra maschio e femmina.
Si può veramente stabilire se è dolore o è piacere? Essi coincidono, si toccano direttamente. La enorme gioia che avrà l'uomo nell'avvenire, quella di riuscire come specie ad armonizzarsi con la natura che lo circonda, in un certo senso di riuscire a trasmettere le sue impronte, la sua volontà, non quella del suo cervello individuale, ma della organizzazione collettiva, della società futura oggi anticipata dal partito, nella realtà plasmabile del mondo esterno, implicherà sempre, nello stesso tempo, che egli soffra.
Quando voglio sollevare un peso, fare uno sforzo per raggiungere un risultato, quando per esempio voglio avere la gioia, il puro godimento di una escursione in alta montagna, di un sesto grado affrontato col tormento delle membra, io soffro per ottenere quel risultato. Ogni risultato si ottiene soffrendo. La mia azione non è il cammino verso la gioia, né il cammino per evitare il dolore: è il cammino per avere una combinazione razionale, naturale ed umana di gioia e di dolore, perché il rapporto dell'uomo con la natura considera questi due elementi come inseparabili.
Il passo di Marx è veramente grandioso, e con altri passi egli va al di là di tutto quello che i filosofi hanno mai pensato e detto prima e dopo di lui, ché le sofferenze prese nel senso umano sono un godimento proprio dell'uomo. Le sofferenze legate all'atto di raggiungere un fine [voluto, fanno parte del godimento. E siccome la storia dell'uomo, da quando ha imparato a rovesciare la prassi animale e ha incominciato a progettare il suo futuro, seppure per ora ancora in modo limitatissimo, è tutto un andare verso una meta, quella della società futura, ecco che il moto verso un fine è "sofferenza presa nel senso umano, come godimento proprio dell'uomo". Questo "andare verso" è la storia umana dell'uomo. Come il movimento è il modo di essere della materia, così è anche il modo sociale di essere dell'uomo e delle sue società successive. Non c'è separazione metafisica fra moto e quiete].[19]

SUPERAMENTO DEI DUALISMI: QUIETE E MOTO

L'enigma della dicotomia fra moto e quiete lo ha risolto Galileo e ha fornito il binario attraverso cui si è incanalato Einstein. ["Se noi mettiamo a terra l'assolutezza del Tempo, distruggiamo quello su cui l'umanità ha sempre giurato: il misterioso rintocco che, segnando il presente, eleva una barriera rigida, tanto semovente quanto invalicabile, tra il Passato ed il Futuro. Con questa memorabile battaglia Einstein non si inscrive tra le due degenerazioni contemporanee del pensiero borghese che insidiano sia la teoria della natura che quella della società, ma ne esce completamente. Una è il positivismo, inteso in senso sciatto, per cui la scienza annota quanto è nel Passato, e altra responsabilità non vuole, né nel Futuro sa nulla costruire.
L'altra è il triviale indecente esistenzialismo, livello fino al quale una società marcia, matura da tempo per la purificatrice Rivoluzione, è ulteriormente sdrucciolata. Esso conosce solo il Presente e nega leggi e dorsali costruttive al Futuro. Non solo, ma le nega allo stesso Passato, di cui l'intossicato campicchiatore allo stesso titolo se ne frega"].[20]
La storia dell'uomo è una, è dinamica, fatta di relazioni, non è più possibile affermare se un corpo è in moto o è in quiete. Tutti i corpi sono in moto, e si muovono in tanti modi diversi quanto diversi sono i riferimenti ad altri corpi; quindi sono in rapporto relativo, un rapporto dialettico, perché relatività significa in fondo dialettica: sostituisce la definizione di un assoluto.
Ecco perché la principale critica di Marx a Hegel culmina in quella delle tesi in cui Hegel vuole arrivare all'assoluto. Il valore della dialettica è di dimostrare appunto che non ci sono assoluti, ci sono solo relazioni, e l'essenziale è di passare da relazioni di primo ordine a relazioni di ordine superiore, più avanzate nella storia.[21]

SUPERAMENTO DEI DUALISMI: NATURA E PENSIERO

Abbiamo dato un qualche accenno di oggetto e soggetto, di materia e pensiero, di godimento e sofferenza. È rimasto il problema dell'antitesi tra il mondo fisico, il mondo naturale, e il pensiero. Anzitutto noi abbiamo già dato una risposta guardando il mondo, fotografando il mondo come è oggi, senza far passare tutto il film dalle sue origini. Questo perché Marx dice che mettersi a meditare in maniera insufficiente sulle origini non è altro che un mezzo per cadere nell'inganno della mistica religiosa e potere ricreare la religione.
Tanto è vero che Hegel dopo la sua formidabile critica lo possiamo mandare in pensione. Hegel e la sua scuola reintrodussero storicamente la religione non solo con delle ammissioni di ordine teoretico sull'Assoluto, ma anche perché il movimento che si formò sulle basi di quella filosofia finì col fare di nuovo omaggio alla potenza della Chiesa cattolica e di altre chiese.
Quindi noi non dobbiamo lasciarci accecare – dice Marx – da questo speculare: "Come è cominciato? Io riesco a darti una spiegazione completa di come gira la Luna intorno alla Terra, come la sua caduta si trasformi in un moto circolatorio, ma poi viene quell'altro e mi fa la solita domanda insidiosa: va bene, dice, tu hai spiegato che la Luna ha una forza viva che le dà una velocità lineare di circa 1 chilometro al secondo; la Luna ha un peso enorme, chi glie l'ha data questa prima spinta? Se non me lo sai dire che cosa succedeva prima, allora devi ammettere che esiste il Padreterno". Viene Laplace e cerca di spiegare che i pianeti e il Sole si sono formati dalla condensazione di una massa fluida ruotante che si è piano piano diversificata, poi si è condensata da sé stessa fino a formare i pianeti, per cui si dovrebbe immaginare che la Luna si sia staccata dalla Terra quando questa era ancora in forma di massa fluida caldissima, a temperature enormi (ovviamente molto tempo prima che la vita vi comparisse). La risposta era incompleta, ma ciò non toglie che fosse un passo avanti, una relazione giusta che confermava i risultati a cui erano arrivati Galileo e Newton.[22]
Marx mette sull'avviso contro la solita insidia del filosofume volgare, quella di risalire sempre all'origine.
Tuttavia il problema delle origini, inteso nella giusta portata, bisognava che noi lo si risolvesse… insomma, dobbiamo almeno porcelo se vogliamo rispondere ad una quistione che diventa assai attuale: qual è il valore nella società moderna della scienza e della tecnica? Dobbiamo fondarci su di essa? Ha essa rinunciato alle ipotesi creazioniste, anche se nascoste?
In altri termini: se riteniamo di avere fatto giustizia di tutte le religioni – che poi in questo modo spiccio lo dicono i borghesi, mentre noi lo diciamo in modo molto diverso, dato che facciamo ad esse omaggio e attingiamo ai loro risultati storici in molte cose – [come trattiamo la scienza borghese che oggi viene affrontata acriticamente al pari degli Assoluti e perciò delle religioni?].
Se i borghesi hanno avuto la pretesa di buttar via tutti i dettami religiosi e di chiudere i libri sacri e non parlarne più; se Marx ha stabilito che tutte le filosofie debbono aver fatto il loro tempo, noi che facciamo, buttiamo via i Vangeli e i trattati di tutti i filosofi, incominciando dai primi e antichissimi fino a Benedetto Croce? E chiuderemo e manderemo al macero gli allievi gramsciani di quest'ultimo, quelli attuali, iscritti al PCI (soprattutto vi raccomando quelli!) senza neppure guardarli?
Questo lo fanno i borghesi. Essi affermano che [è superata la vecchia conoscenza metafisica], ma che una parte della conoscenza, la scienza esatta, la scienza positiva, la scienza su cui si appoggia direttamente la tecnologia moderna, sarà sempre valida e su di essa si può fare assegnamento.

SOLO LE SOCIETÀ DI CLASSE BRUCIANO LIBRI

Ci hanno portato i francesi un prezioso volumetto di Marx, dove egli dice molte cose [del tipo di quelle che stiamo qui discutendo] ma dice soprattutto un'altra cosa: la scienza meccanica e matematica borghese ci è stata utile perché ha permesso alla borghesia di costruire le macchine, di costruire le fabbriche, di adoperare il sistema meccanico di produzione, di usare il vapore, l'elettricità, domani l'energia atomica, condizioni che hanno permesso un nuovo sviluppo sociale; ma gli enunciati di quella scienza non sono affatto per noi un verbo al quale i comunisti possano attingere. In altri termini, della biblioteca avremmo bruciato – s'intende metaforicamente e non concretamente – il salone dei testi religiosi e quello dei testi filosofici, mentre quello dei testi scientifici, invece, quello che contiene la matematica, la chimica, la meccanica, la tecnologia, quello che volete, la fisica nucleare, quest'ultimo non ci dovrebbe apparire sospetto, esso sarebbe tutto buono, a disposizione di tutti. Io comunista, e il democristiano e lo stalinista ci andiamo allo stesso titolo a prendere un volume, lo consultiamo, ci informiamo, acquisiamo informazioni. E lo facciamo, naturalmente da individui isolati: guai a pensare che l'uomo possa avere un concetto di natura sociale, di natura collettiva, guai a pensare che l'individuo non si voglia far da sé la propria informazione culturale sulla interpretazione, sul lavoro interpretativo del mondo esterno, guai a pensare che la specie umana possa aver fatto un percorso comune della conoscenza. È già tanto che la borghesia, di quegli antichi volumi che rappresentano [il percorso dei suoi stessi risultati scientifici], riesca a leggere i principali, vada a prenderli e veda che c'è qualcosa di buono.
Ora, noi dobbiamo rispondere che questa impostazione è sbagliata.
Nemmeno al salone che contiene i libri scientifici dobbiamo attingere senza sospetto
. Non è che lo vogliamo bruciare. D'altra parte noi abbiamo detto che il metodo borghese di bruciare le bibbie non va. Io, se ce la farò, concluderò la mia esposizione appunto invocando un testo biblico per risolvere un problema che si presenta oggi come teoria scientifica. Se ce la farò io e se ce la farete voi, per la verità, dato che non so se il mio fiato sarà soggetto a restringersi, a trasformarsi in un atroce patimento della mia ugola prima che il patimento del vostro stomaco per la mancanza di cibo lo abbia sovrastato. Ad ogni modo, se il fiato me lo consentirà, citerò la Bibbia.
Il primo che molla si alza e se ne va.
Allora abbiamo visto che non propongo di bruciare niente. Ma se fosse vero che la quistione si risolve bruciando, allora dico: "Bruciamo tutto, anche il settore della scienza e della tecnologia.
Avremo certamente fatto un passo avanti, un passo in una società meno fetente. Conserveremo quel poco che ci sta nel nostro cervello collettivo, che forse è la migliore forma di trasmissione – e di remissione – della specie. Ritorneremo all'ancestrale sistema della società primaria che i compagni francesi ci hanno descritto [nelle riunioni sulla successione delle forme di produzione].
Noi non vogliamo affatto fare questa selezione della parte scientifica, tanto più quella parte della scienza che proviene da scuole, università e accademie: lì la probabilità che vi esistano fesserie in gran numero è certamente maggiore della probabilità che esistano fesserie nella Bibbia o persino nella filosofia di Benedetto Croce, perché gli accademici emanano direttamente da quella classe che oggi detiene il potere.
I capitalisti realizzano i loro profitti, attraverso i loro profitti pagano gli scienziati ed i loro laboratori in cui sviluppano una parte della tecnologia e della scienza esatta che serve per questa tecnologia; poi pagano, con parte dei relativi ricavi pubblicitari, i professori universitari in modo che insegnino agli studenti universitari – i tecnocrati, i dirigenti, i tecnici dell'attività produttiva di domani – quelle soluzioni che più convengono all'interesse della società capitalista.[23]
Quindi anche nel campo scientifico della cosiddetta scienza positiva (che significherà poi "positiva"? non significa proprio niente) la probabilità di fesserie esiste ancora, non solo, ma è maggiore che nella religione e nella filosofia.
Ora, il borghese potrebbe dire: "Ma le due categorie sono state, in certo modo, denicotinizzate dai grandiosi risultati della critica posteriore". È vero che, in un certo senso, l'opera più recente dirà cose migliori dell'opera più antica. E certamente si potrebbe pensare che Bacone dicesse cose più attendibili di quelle che non dicesse Galileo.[24]
Ma è molto da discutere che tutto questo sia vero, perché nel campo della scienza succede piuttosto il contrario: sono gli ultimi risultati, i più moderni, che sono i più fetenti e i più insidiosi. >
NB - La relazione inedita di Bordiga, registrata a Firenze il 20 marzo 1960, è apparsa nella rivista n+1, numero 15-16 del 2004, con il titolo "Dal mito originario alla scienza unificata del domani". Le ricostruzioni delle parti incomprensibili del sonoro sono inserite nel testo tra parentesi quadre, mentre le sottolineature qui corrispondono a quelle tracciate a mano sulla copia della rivista nel carcere di Soletude.
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Riunione registrata a Firenze il 20 marzo 1960
Nel numero doppio che raccoglie i contributi di Bordiga "per una teoria rivoluzionaria della conoscenza", la redazione di n+1, che ha curate le trascrizioni dai nastri audio, informa e premette quanto segue.
<< È risaputo che Bordiga non voleva far circolare i nastri delle registrazioni e anzi, di norma, non voleva nemmeno vedere registratori in funzione mentre parlava. Il motivo era molto semplice: la mole di lavoro che egli svolgeva era tale da non lasciargli il tempo di preparare, per ogni argomento, relazioni "finite", e quindi voleva essere libero di "dire eventuali fesserie" e riprendere poi gli argomenti per iscritto, in modo più meditato.
Le registrazioni venivano dunque effettuate solo quando servivano da promemoria, come quando, negli anni precedenti, i compagni prendevano appunti stenografici. Le riunioni di Firenze, Casale Monferrato e Bologna sulla conoscenza ci furono consegnate nel 1974 da un vecchio militante del Partito Comunista Internazionale, della sezione di Winterthur, durante una riunione generale. Si trattava di registrazioni eseguite su diverse bobine di piccolo formato, tramite apparecchi amatoriali piuttosto primitivi, riprodotte da copia a copia non con cavo diretto ma da altoparlante a microfono; era persino variata la velocità di registrazione per cui la voce dell'oratore da un nastro all'altro passava dal basso strascicato al falsetto.
La presenza di un gran numero di sovrapposizioni e lacune dimostrava che le bobine di partenza dovevano essere di diverso formato rispetto a quelle di arrivo e che non si era badato a congiungere correttamente le parti del discorso. Infine, siccome le registrazioni, a partire da quelle originali, erano state eseguite con microfoni scadenti, sui nastri vi era un soverchiante sottofondo di eco ambientale. Insomma, in quelli a noi pervenuti, così com'erano, quasi non si non si coglievano le parole del relatore. Perciò decidemmo di intervenire tecnicamente per tentare di migliorare l'audibilità delle registrazioni.
Ottenuto l'accesso ad un laboratorio di acustica con le apparecchiature necessarie, facemmo una copia delle bobine e riuscimmo, nei limiti degli strumenti analogici di allora, a "restaurare" la voce fino a farla diventare passabilmente comprensibile. Gli originali furono restituiti e le nuove registrazioni furono riversate in cassetta. >>

NOTE, sistemazioni e commenti della redazione n+1

[1] -  L'ultima riunione generale del Partito Comunista Internazionale, prima di quella di Firenze in questione, si tenne a Milano il 17-18 ottobre 1959. Il resoconto sommario si trova su Il programma comunista nn. 19 e 20 dello stesso anno. Gli argomenti trattati furono: "Questioni fondamentali dell'economia marxista", "Elementi della quistione spaziale" e "Tavole immutabili della dottrina comunista di partito". Bordiga qui fa riferimento alla terza seduta, riportata integralmente su Il programma comunista, nn. 4 e 5 del 1960.
[2] - Riunione di La Spezia del 25-26 aprile 1959; resoconto sommario su Il programma comunista nn. 9 del 1959 (conosciuta poi col titolo Commentarii ai manoscritti di Marx).
[3] - Riunione di Milano citata.
[4] - I temi ricordati furono trattati nelle riunioni generali del PCInt. a Parma (1958), La Spezia (1959) e Milano (1959) ed ora si possono trovare raccolti nel volume Riconoscere il comunismo, nella serie dei Quaderni Internazionalisti di n+1.
[5] - Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844. Il passo, con quello seguente, è tradotto dall'originale, come si soleva fare nei rapporti delle riunioni generali. Confrontare con due traduzioni "ufficiali", quella di Norberto Bobbio in: Einaudi, 1948-68 pag. 111; e quella di Galvano della Volpe in: Editori Riuniti, Opere complete vol. III, 1976 pag. 323.
[6] 56 Relazioni sul II libro del Capitale e sulle forme che precedettero quella capitalistica.
[7] - Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844.
[8] - "La dialettica ci serve (come dice Marx nella prefazione al Capitale) sia per esporre quanto la ricerca analitica ha assodato, sia per distruggere l'ostacolo delle forme teoretiche tradizionali. La dialettica di Marx è la più potente forza di distruzione. I filosofi si affannavano a costruire sistemi. I rivoluzionari dialettici distruggono con la forza le forme consolidate che vogliono sbarrare la via all'avvenire. La dialettica è l'arma per spezzare le barriere, rotte le quali è rotto l'incanto della eterna immutabilità delle forme del pensiero, che si svelano come incessantemente mutevoli, si plasmano sul mutamento rivoluzionario delle forme sociali" (A. Bordiga, Sul metodo dialettico, in Prometeo, serie II n. 1 del 1950).
[9] - Questa affermazione paradossale si può capire solo tenendo conto che la teoria eliocentrica di Copernico fu "rivoluzionaria", ma non nel senso che comunemente si crede: per molto tempo essa non fu affatto percepita come una rivoluzione delle concezioni precedenti. Essa fu peraltro presentata come ipotesi basata sul principio della minor complicazione: il cielo copernicano presupponeva meno espedienti per essere spiegato e fu proprio in guisa di ipotesi che fu accolto dalla Chiesa fino al 1616 (il cardinale Bellarmino accettava appunto la semplicità del sistema copernicano, ma accusava Galileo di dedurne una verità esplicativa dell'universo reale). Né Copernico né Newton "credevano" in un sistema eliocentrico al modo nostro, pur facendo i calcoli in tal senso, e così la maggior parte degli scienziati, anche dopo che Galileo fornì la "prova" empirica mostrando le fasi di Venere. Il sistema copernicano non confutò scientificamente quello tolemaico, diversamente da quanto in genere si crede. Anton Pannekoek, che era astronomo, annota come, all'inizio, il sistema tolemaico e quello copernicano si equivalessero dal punto di vista dell'adottabilità pratica. La dimostrazione scientifica vera e propria, nonostante l'adozione empirica ormai consolidata, non venne neppure da Keplero, che apportò la precisione ai calcoli tramite la sostituzione delle orbite circolari con quelle ellittiche reali, bensì da Bessel, nel 1838, che misurò per la prima volta la distanza di una stella basandosi sulla parallasse della Terra, cioè sul suo spostamento intorno al Sole. Un saggio su questo problema è: "Perché il programma di ricerca di Copernico superò quello di Tolomeo?", in: Imre Lakatos, La metodologia dei programmi di ricerca scientifici, Il Saggiatore, 1996.
[10] - Bordiga richiama spesso, nei suoi scritti, il paradosso dialettico della caduta: la Luna cade sulla Terra, ma è il suo modo di cadere che la tiene in orbita. Fu Newton ad immaginare che un corpo lanciato con moto rettilineo oltre l'orizzonte terrestre, con velocità sufficiente, sarebbe stato costretto a cadere nel vuoto… rimanendo in orbita, cioè cadendo per sempre. La dimostrazione che "caduta" e "stare in orbita" è lo stesso la diede Einstein con il principio di equivalenza, per cui in tre casi abbiamo lo stesso effetto: 1) un mezzo spaziale in orbita attorno a un pianeta, 2) uno in caduta libera verticale sul pianeta stesso e 3) uno che viaggi nel vuoto in linea retta e a velocità costante (o fermo nel vuoto, se si vuole). In ogni caso ci si trova di fronte a situazioni fisicamente identiche: uno sperimentatore che fosse a bordo di quei mezzi, senza punti di riferimento, non avrebbe alcun modo, con qualsiasi attrezzatura, di stabilire in quale delle tre condizioni sta spostandosi nello spazio.
[11] - In polemica con Gramsci su questioni importanti di dottrina, Bordiga non diede molta importanza alla sostituzione del termine "marxismo" con "filosofia della prassi", attribuendola alla necessità di non stuzzicare la censura carceraria. Tuttavia criticò duramente l'uso opportunistico che se ne fece, specialmente nella versione volgar-leninista di "il marxismo non è un dogma ma una guida per l'azione". Quindi ci sembra utile precisare i termini della questione con il brano, dello stesso Bordiga, che abbiamo inserito tra parentesi quadre e tra virgolette (da Struttura economica e sociale della Russia d'oggi, ed. Programma, 1976, Parte prima, pag. 208). >
[12] - Per quanto la definizione sembri una caricatura un po' troppo banale dei seriosi lavori dei padri esistenzialisti (Kierkegaard, Barth, Jaspers, Heidegger, Dostjevski, Nietzche, ecc.), essa traduce in termini "normali" ciò che direbbe un filosofo: "Esistenzialismo è polemica contro ogni forma di pensiero totalizzante in nome della originalità irriducibile della concreta esistenza individuale… Esistere significa stare in un situazione trascendendola continuamente, progettandone la trasformazione. Esistenza è così sinonimo di problematicità. L'esperienza che il singolo fa della propria esistenza è esperienza di continue scelte. I grandi sistemi metafisici che hanno dominato la tradizione filosofica, invece, concepiscono l'essere come dominato da strutture e leggi generali" (Gianni Vattimo). Occorre tener presente questa definizione, dato che nella trattazione sulla teoria marxista della conoscenza (o critica alla filosofia) ci sarà continuo scontro fra le concezioni soggettive, esistenzialistiche, tutto sommato individualistiche, di scienza, conoscenza, politica, partito, ecc. e quelle "totalizzanti" di un sistema retto da leggi oggettive, per quanto dinamico e soggetto a continua elaborazione verso livelli via via più alti.
[13] - La prova ontologica dell'esistenza di Dio è di Anselmo d'Aosta (1033-1109). Criticata come illogica da Tommaso, Locke, Kant, fu ritenuta logicamente valida da Descartes, Leibniz, Hegel. Bordiga ne dà una versione corretta ma semplificata, per cui non risalta la brillante logica medioevale (cfr. Anselmo d'Aosta, Proslogion, ed. Europìa, 1994, pag. 63 e segg.). L'argomento di Anselmo è importante per l'epoca perché egli utilizza la ragione in argomenti di fede, contesto che normalmente non vuole supporto razionale e dimostrazione. Visto col senno di poi è certo una logica piegata alle esigenze di un a priori, ma l'uomo del XII secolo non poteva evitare di essere aprioristico nei confronti di Dio. Oggi riduciamo l'argomento al quesito: esiste ciò che è pensabile? Siccome la filosofia è un mestiere del pensare esercitato da individui, rispondere "sì" è una manna metafisica, come dimostra la filosofia hegeliana, che si fonda su presupposti del genere. Secondo i criteri di Bordiga Anselmo è più avanti di Hegel, pur essendo più "vecchio": egli guadagna alla logica il ragionamento razionale e gli verrà rimproverato di sacrificare la tradizione teologica; Hegel invece, vivendo in un tempo che non prevede più l'unità fra teologia e scienza, si rivela un vero retrogrado.
[14] - "La conservazione dell'individuo, di cui sempre si cerca il misterioso primo motore degli eventi, non è che una manifestazione derivata e secondaria della conservazione e dello sviluppo della specie. E ciò è tanto più vero quanto più si tratta di una specie sociale e di una società dagli aspetti sviluppati e complessi" (A. Bordiga, Fattori di razza e nazione, I.3). Subito dopo è citato un commento alla teoria dei sistemi di Bertalannfy in cui si sostiene che "un solo coniglio non è un coniglio; due conigli soltanto, possono essere un coniglio". La battaglia di Bordiga contro il culto dell'individuo è riflessa non soltanto in molti articoli ma anche nelle tesi di partito.
[15] - Nella concezione della Sinistra comunista, come precisato in diversi testi, la rivoluzione è processo oggettivo e comprende la formazione del partito come suo strumento (cfr. ad esempio Tesi di Roma, 1922).
[16] - L'esempio è stato modificato, ferma restando la "caramella", perché nell'originale era troppo sintetico e non corrispondeva esattamente alla dimostrazione di Galileo, che riportiamo integralmente: "Una gran pietra messa nella bilancia non solamente acquista peso maggiore col soprapporgli un'altra pietra, ma anco la giunta di un pennecchio di stoppa la farà pesar più quelle sei o dieci once che peserà la stoppa; ma se voi lascerete liberamente cader da un'altezza la pietra legata con la stoppa, credete voi che nel moto la stoppa graviti sopra la pietra, onde gli debba accelerar il suo moto, o pur credete che ella la ritarderà, sostenendola in parte?" (Galileo Galilei, Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, Opere di Galileo Galilei, UTET, Classici della Scienza, 1980).
[17] - Duns Scoto, già nel XIII secolo, si chiese se la materia potesse pensare e Marx lo cita come uno dei proto-materialisti, il quale obbligò la teologia a predicare il materialismo (in La sacra famiglia, Opere complete, vol. IV, Editori Riuniti, 1972 pag. 142). L'Illuminismo, specie con d'Holbach e, come abbiamo visto con Diderot, aveva perfezionato la concezione che il cosiddetto pensiero fosse il modo di essere della materia, la quale pensa sé stessa. Anche Giacomo Leopardi giunse alla stessa conclusione: "Noi siamo effettivamente partiti dalla supposizione assoluta e gratuita di questa impossibilità [di pensare da parte della materia] per provare l'esistenza dello spirito. Sarebbe infinito il rilevare tutte le assurdità e i ragionamenti le contraddizioni al nostro medesimo usato metodo e andamento di discorrere che si sono dovuti fare per ragionare sopra questa supposta sostanza, e per arrivare alla conclusione della sua esistenza. Qui davvero che il povero intelletto umano si è portato da fanciullo quanto mai in alcuna cosa. E pur la verità gli era innanzi agli occhi. Il fatto gli diceva: la materia pensa e sente; perché tu vedi al mondo cose che pensano e sentono, e tu non conosci cose che non sieno materia" (Zibaldone, manoscritto pag. 4.251).
[18] - Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844 cit. Einaudi pag. 116, Editori Riuniti pag. 327.
[19] - La lacuna sul nastro è ampia, perciò abbiamo ricostruito la parte fra parentesi quadre sulla base di alcune parole che si riuscivano a cogliere, del contesto e dell'articolo "Deretano di piombo, cervello marxista" (Il programma comunista n. 19 del 1955) nel quale si sviluppa appieno il concetto delle "basi" della società futura, un dinamico "andare verso".
[20] - In questo punto la lacuna è più ampia ancora, per cui il discorso non è ricostruibile, neppure sulla base del contesto. Abbiamo operato il collegamento con un passo di Bordiga da Relatività e determinismo, del 1955, che trattava dello stesso argomento (tra parentesi quadre e virgolette).
[21] - Qui si sfiora il problema di ogni procedimento scientifico assiomatico che va visto sempre in una dinamica di perfezionamento continuo: "Einstein è relativista come lo è il pensiero classico moderno antiteologico: spezzare vecchi assoluti troppo angusti per costruire nuovi e più validi, veri assoluti. Ma non sono più assoluti da cui si parte come da una condanna premessa ad ogni conquista, sono assoluti che si guadagnano, cui si giunge, per cui si passa. Questo è il cammino dell'opera di Einstein, che non è andato dall'assoluto al relativo, ma dal particolare al generale" (da Relatività e determinismo).
[22] - Laplace e Kant giunsero a formulare indipendentemente l'uno dall'altro due teorie quasi identiche per il processo di formazione del Sistema solare. Esse erano, tenendo conto dei tempi, molto vicine alle ipotesi avanzate sulla base dei modelli termodinamici attuali. Evidentemente il fatto è citato perché allora filosofia e scienza si erano incontrate nel negare la necessità dell'ipotesi creazionista divina.
[23] - Il grande matematico René Thom ironizzava sul fatto che gli scienziati moderni inneggiano alla "ricerca sperimentale", termine applicabile non alla scienza ma al massimo alle vecchie esplorazioni geografiche e al bricolage.
[24] -  Bacone (n. 1561) e Galileo (n. 1564) erano contemporanei, quindi la frase non va letta in sequenza rispetto a quella che precede, ma nel senso che Bacone fu il precursore della scienza al servizio della tecnologia in quanto arte per far progredire gli uomini nella loro vita reale. Non per nulla Bacone fu considerato dai borghesi "padre dell'empirismo moderno" e "profeta dell'era industriale", mentre Marx lo considerò "vero progenitore del materialismo inglese e di tutta la scienza sperimentale moderna… La scienza della natura costituisce per lui la vera scienza, e la fisica sensibile la parte principale della scienza della natura… In Bacone il materialismo racchiude in sé, in modo ancora ingenuo, i germi di uno sviluppo onnilaterale. La materia, nel suo splendore poeticamente sensibile, sorride a tutto l'uomo. La dottrina, ancora aforistica, brulica invece ancora di inconsistenze teologiche" (La sacra famiglia cit. pag. 142). Più tardi Marx ed Engels integreranno questo giudizio su Bacone con la critica del suo modo metafisico e a-dialettico di concepire la scienza (cfr. Engels, Antidühring, "Introduzione" in Opere Complete Cit. vol. XXV, pag. 20).
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